Nella lista di cinque dischi tra quelli che ho comprato e che sono usciti nel 2000 avrei tanto voluto inserirne uno che ho acquistato in LP a scatola chiusa, non avendo cioè mai sentito niente prima ( del disco, non del gruppo che lo ha realizzato, naturalmente ) e questo per il solo motivo di poterlo fare a pezzi. Poi mi sono detto che non valeva la pena sprecare tempo e spazio nel blog per quell’album e ho lasciato perdere… Eh si, lo so che c’è gente che apprezza, di più, ama “Kid A” dei Radiohead ma quel qualcuno non sono io…
Badly Drawn Boy – “The hour of bewilderbeast”

Fino a qualche settimana fa non conoscevo – beata ignoranza – Badly Drawn Boy di cui, volendo rimediare a questa lacuna, ho voluto conoscere i suoi dischi iniziando come è normale che sia dal primo. Ho ascoltato poche volte ad oggi, quindi, questo “The hour of bewilderbeast” ma se pochi ascolti sono insufficienti per farsi un’idea precisa su come sia il disco e soprattutto su quanto mi piaccia, sono comunque in numero abbastanza accettabile per farmi capire che l’album mi piace. La musica di Badly Drawn Boy mi pare sia un indie Rock Folk con qualche parentela con Elliott Smith, cantata con una voce che mi ricorda quella di Jeff Tweedy e contenente soluzioni che rimandano al Folk psichedelico di cose tipo l’Incredible String Band ma con melodie decisamente migliori o comunque più memorizzabili rispetto a quelle di quel duo. Può essere che tra un po’ di tempo, una volta metabolizzato il disco, mi accorga che i riferimenti a cui l’ho accostato siano del tutto sbagliati ma pazienza, rimedierò. Di sicuro c’è che questo non sarà l’unico disco di Badly Drawn Boy che conoscerò…

Il libretto del CD contiene alcune foto ma non ritraenti l’autore, tutti i musicisti canzone per canzone e solamente alcuni testi. Perché non tutti? Mah…
Belle and Sebastian – “Fold your hands child, you walk like a peasant”

Poche storie: per quattro o cinque anni i Belle and Sebastian sono stati una certezza assoluta. Certezza di qualità, di equilibrio, di rara sensibilità musicale. Non che alcune delle cose realizzate in seguito siano meno interessanti ( “Storytelling“, ad esempio, è una colonna sonora che si fa ascoltare anche senza il supporto delle immagini e il tardivo “The life pursuit” è un signor disco ), ma gli album realizzati dall’esordio “Tigermilk” fino a questo “Fold your hands child, you walk like a peasant” costituiscono un corpus pressoché inattaccabile. Qui ci sono toccanti parentesi acustiche, reminiscenze morriconiane, ritmi sostenuti che accompagnano melodie dolci e risolute insieme a formare bozzetti pop dall’incedere quasi epico; ci sono dei riferimenti agli Air ( “Don’t leave the light on, baby” ), tanto per dire che i Belle and Sebastian non erano i soli, vent’anni fa, a promuovere il “bello”. I soli no, ma i migliori forse si…

Libretto contenente i testi e tutte le annotazioni necessarie: niente di più ma niente di meno… In fondo c’è una foto un po’ inusuale del gruppo.
Blonde Redhead – “Melody of certain demaged lemons”

“Melody of certain demaged lemons” non è solo il miglior disco dei Blonde Redhead; è un piccolo capolavoro che si alimenta dei suoi sbalzi, che alterna squarci ritmici e rumoristici a delicate melodie chopiniane. Quella contenuta in questo disco è una musica eterogenea, caotica e che evidenzia un background culturale di stampo europeo come solo la Grande Mela, in America, può partorire, una musica così diversa da quanto solitamente viene identificato con il rock americano ( e infatti due componenti sono di origine italiana, la terza giapponese ) e che sa di ambiente raccolto. E’ una doccia scozzese questo album ed anche il mio preferito del 2000.

Dentro la custodia c’è un foglio con i testi, foglio in cui si vedono in filigrana le foto del trio. C’è anche il coupon per scaricare le canzoni in Mp3, cosa che fino ad un certo punto non era una prassi così scontata e per questo, quando c’era, veniva pubblicizzata e che poi è diventata la norma ( anche perché altrimenti i files li trovi gratis… )
Eminem – “The Marshall Mathers lp”

Mi sono sempre chiesto se tutti quelli che, all’epoca, vedevo canticchiare o fischiettare le canzoni di questo disco di Eminem ( ricordo una collega, ad esempio… ) sapessero cosa quelle canzoni dicessero. In “Kim” – per dire – il simpatico Marshall canta di come picchiasse la moglie ( “bleed, bitch, bleed” ) e d’accordo, non è detto che fosse autobiografica, però insomma… Mi è sempre sembrato imbarazzante, quindi, rapportarmi a questo album perché, se fossi stato uno politicamente corretto ( cosa che invece ero poco da giovane e per niente adesso ) avrei dovuto cassare il disco fregandomene del fatto che le canzoni, pur di un genere che non è il mio preferito o forse ancor di più per questo motivo, erano effettivamente belle ( una su tutte: “Stan” ). Oppure, al contrario, se fossi stato un tipo in possesso di una sensibilità solamente pari a quella di un rinoceronte quando parte alla carica o di quei personaggi che non sanno fare la “o” col bicchiere intenti a superarsi in una gara di rutti avrei ascoltato con malsano divertimento queste canzoni, magari pensando che in fondo due sberle alla moglie si possono pure dare. Non sono né uno né l’altro, invece e quindi, fuor di metafora e limitando il discorso all’ascolto del disco ( tradotto: non picchio la moglie, se serve dirlo ), mi sono sempre posto democristianamente nel mezzo, non fingendo mai di non sapere ciò che stavo ascoltando ma neppure privandomi di un disco effettivamente eccellente.

Singolo Cd stampato in due LP, con solo un foglio aggiunto in cui sono elencati i musicisti ed i tecnici ma dove non ci sono i testi.
Jimmy Page & The Black Crowes – “Live at The Greek”

Uno dei miei più grandi errori da appassionato di musica è stato lo scegliere di non andare a vedere Jimmy Page in concerto nel 1998, quando ne avevo avuto l’occasione e questo perché lo ritenevo bollito. Neanche due anni più tardi avrei cambiato idea ma ormai era troppo tardi ed in seguito non ho più avuto altre occasioni, salvo ipotecare la casa per assistere alla reunion dei Led Zeppelin o di ciò che ne rimaneva. A farmi cambiare idea nel 2000 aveva provveduto questo doppio live in cui Page fa fare i Led Zeppelin ai Black Crowes ( che se la cavano alla grande anche oltre le aspettative, almeno le mie… ). Page fa, per l’appunto, ciò che ha sempre fatto dopo l’atterraggio forzato del dirigibile ossia ripetere in qualche modo i Led Zeppelin, mentre per i Black Crowes è l’occasione per venire in contatto con l’epoca aurea del rock. La scaletta prevede quasi tutte canzoni dei Led Zeppelin ed alcune covers; nessun brano dei Black Crowes e questo la dice lunga su chi sia il vero titolare del progetto. Niente di nuovo sotto il sole, ok , ma è un ripasso che fa bene…

Doppi CD in confezione singola; il libretto contiene soprattutto delle foto in bianco e nero dei sei musicisti ( cinque più uno, of course ), mentre i crediti sono stampati sugli stessi CD.